Giovanna Botteri e la polemica su Zelensky: le sue parole sulla pace e lo scambio di territori in Ucraina scatenano critiche sui social.
Nonostante i dubbi del leader russo Putin sulla tregua, Giovanna Botteri ha scatenato un’ondata di critiche affermando che la pace tra Ucraina e Russia si sarebbe potuta raggiungere due anni fa con uno “scambio di territori“. Un’accusa – secondo molti – rivolta a Zelensky invece che a Mosca, che ha acceso il dibattito sui social.

Le parole di Giovanna Botteri sull’Ucraina: la polemica
Nel suo intervento a Tg3 Linea Notte, come riportato da Today, Giovanna Botteri ha affermato: “Quando si arriverà a una pace, si chiederà a Zelensky perché quella pace è stata fatta dopo milioni di morti, tre anni di guerra e di distruzione, e non molto prima, visto che la pace presuppone uno scambio di territori che si poteva largamente fare, e a vantaggio dell’Ucraina, due anni fa, anche due anni e mezzo fa“.
Questa dichiarazione ha scatenato una forte reazione sui social, soprattutto da parte di chi sostiene la causa ucraina. In molti hanno accusato la giornalista di spostare l’attenzione dalle responsabilità di Mosca, facendo ricadere su Zelensky la colpa del prolungarsi della guerra.
Le dure critiche sui social
Tra i commenti più critici si leggono affermazioni come: “La Botteri chiede conto dei morti all’aggredito non all’aggressore“, oppure “Secondo lei, dei morti ucraini dovremo chiedere conto a chi guida la resistenza del paese invaso e non a chi li ha ammazzati“.
Anche l’ex deputata del PD, Anna Paola Concia, ha ironizzato sulla questione scrivendo: “Giovanna Botteri chiederà conto a Zelensky mica a Putin. Mica a Putin!“. Un altro punto fortemente criticato riguarda l’idea di uno “scambio di territori“, concetto che molti contestano. Sottolineando come la Russia non abbia mai avuto diritto ad appropriarsi di territori appartenenti a una nazione sovrana.
Va inoltre ricordato che i negoziati del 2022 non fallirono per una semplice mancanza di volontà da parte dell’Ucraina, ma perché Mosca non accettò di concedere delle “garanzie di sicurezza” che potessero tutelare il Paese da invasioni future.